PALO o PALATO

ARALDICA

I pali, che l’Alighieri alludendo all’arma di Ugo d’Arles chiamò la bella insegna, furono distintivo della fazione ghibellina.

Quanto all’origine di questa pezza, alcuni vo­gliono rappresenti la lancia dei cavalieri, altri le palizzate da guerra o gli steccati da torneo.

Altri lo credono il palo che i castellani facevano drizzare innanzi al ponte levatoio del loro maniero come segno di giu­risdizione, e di diritto di pedaggio.

Migliore spiegazione è stata data dal dotto Du Cange.

Questi fa derivare il vocabolo palo da palea, che significava un arazzo di seta, e dice che gli antichi chiamavano pales le tappezzerie che coprivano le muraglie, che erano di stoffa d’oro e di seta, cucite alter­nativamente; aggiunge che dicevasi paler per tappezzare, e infatti anche nel secolo XVII si vedevano nei castelli, vecchie tappezzerie di stoffe d’oro e di seta distribuite a bande perpendicolari e alternate che imitavano i pali e il palato delle arme.

Molti araldisti scrissero che, come il palo serve a levare grandi pesi, così chi lo prese ad insegna era capace di giungere con l’arte e col valore a superar cose stimate difficilissime.

Altre cagioni possono aver motivato l’introduzione dei pali nell’arme.

Guifredo il Peloso, conte di Barcellona, es­sendo rimasto gravemente ferito in un’azione conto i Normanni, l’imperatore Carlo il Calvo suo alleato intrise quattro dita della sua de­stra nel sangue che sgorgava dalla ferita, e strisciando con quelle sullo scudo dorato di Guifredo disse:

Queste saranno, o conte, le armi vostre.

Tale sarebbe l’origine dei pali d’Aragona, secondo gli scrittori spagnuoli.

Resta però a sapere se al tempo di Carlo il Calvo si usassero già le arme gentilizie, cosa che noi dubitiamo, non essendovi nulla di positivo che ne dia prova.